Adl Consulting è una società di consulenza strategica, public affairs e comunicazione istituzionale specializzata in attività di lobbying, advocacy e change management. Dal 2012 sosteniamo il decision-making basato sui dati e promuoviamo il #DigitalLobbying nel settore.
Il “Digital Lobbying Blog” è uno spazio digitale dove il nostro Team mette a disposizione di tutti i professionisti di settore approfondimenti su questioni emergenti nazionali e internazionali, innovazioni e best practice.
La nostra Academy è una piattaforma dedicata alla formazione di esperti in affari istituzionali e regolatori, dirigenti, giornalisti e collaboratori parlamentari. I nostri corsi, tenuti da docenti qualificati ed esperti di settore, formano figure professionali con un elevato grado di specializzazione, capaci di operare sul fronte delle relazioni istituzionali e dei public affairs attraverso tecniche e strumenti innovativi interdisciplinari.
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Nel contesto normativo europeo attuale, la Direttiva (UE) 2022/2464 (CSRD) segna un cambio di paradigma: dalla semplice rendicontazione di impatti ambientali e sociali, si passa a una trasparenza più articolata, che comprende anche le attività di lobbying, l’influenza politica e la narrazione pubblica aziendale. In altre parole, non si tratta solo di dichiarare cosa si fa, ma anche perché, con quali attori e con quale impatto sullo spazio pubblico.
Lo studio di Clara Heinrich, pubblicato su Business and Politics (2025), introduce un concetto chiave per comprendere questo scenario: l’epistemic business power, ovvero la capacità delle imprese di contribuire attivamente alla costruzione dei significati e delle priorità pubbliche. Questo articolo propone una riflessione che integra le dimensioni normative (CSRD e Regolamento Delegato 2023/2772), l’evoluzione concettuale verso la Corporate Political Responsibility (CPR), e le strategie aziendali per il posizionamento nel dibattito pubblico.
Secondo Heinrich, il potere delle imprese non si esaurisce nei tradizionali canali di lobbying o advocacy, ma si estende su un piano più profondo e meno visibile: quello culturale e cognitivo. Le imprese, infatti, attraverso studi, dati, relazioni con i media e attività narrative, partecipano alla costruzione di come la società interpreta e affronta le grandi sfide collettive.
Questo tipo di ruolo si concretizza nella capacità di offrire chiavi di lettura e soluzioni interpretative, contribuendo a orientare le cornici di senso (framing) che precedono ogni decisione politica e regolatoria. Le imprese diventano così produttori di sapere affidabile e accessibile, rafforzando un dibattito pubblico più consapevole, informato e orientato alla ricerca di soluzioni sostenibili.
Abbiamo già descritto l’evoluzione dalla CSR alla Corporate Political Responsibility (CPR), oggi di fatto pienamente integrata nei principi della Direttiva CSRD. I quattro ambiti operativi (Bohnen, 2020) – lobbying responsabile, posizionamento strategico, co-partecipazione politica, fornitura di beni pubblici – entrano nel perimetro della rendicontazione obbligatoria.
Il Regolamento Delegato (UE) 2023/2772 e l’Articolo 29-ter della CSRD impongono alle imprese di:
Questo rappresenta non solo un adempimento formale, ma un vero e proprio cambio culturale: il ruolo pubblico delle imprese, un tempo confinato in aree grigie o reputate marginali, diventa oggi un fattore strategico da governare, comunicare e rendicontare con responsabilità.
Come sottolinea Heinrich, l’influenza cognitiva delle imprese non si manifesta con la rappresentanza degli interessi, ma attraverso la costruzione di significati condivisi e la definizione di priorità nel discorso pubblico. Sebbene questa presenza sia meno tangibile rispetto agli indicatori tradizionali, può comunque essere analizzata e valorizzata grazie a strumenti più avanzati.
L’uso integrato di AI semantica, analisi di dati politici e monitoraggio delle narrative consente oggi di tracciare la diffusione di concetti e temi promossi dall’impresa nei media e nei documenti istituzionali, valutare la coerenza tra comunicazione ESG e posizionamento pubblico, e costruire un racconto aziendale solido e credibile, in grado di rafforzare la reputazione.
In questo contesto, il political data management si afferma come leva strategica per la governance della trasparenza, favorendo un equilibrio tra accountability interna e autorevolezza esterna, perfettamente allineato con i principi alla base della CSRD.
La valorizzazione dell’autorevolezza epistemica delle imprese richiede, però, un cambio di approccio. Non basta più comunicare responsabilmente: occorre dotarsi di una governance consapevole, che integri rendicontazione ESG, comunicazione istituzionale e presidio narrativo.
In questo senso, il political data management si configura come uno strumento di regia strategica. Non serve solo a monitorare la presenza pubblica, ma consente di orientare con metodo la costruzione della reputazione aziendale sui temi di interesse.
Le imprese che vogliono essere protagoniste della transizione sostenibile dovranno quindi agire con chiarezza verso i propri stakeholder, presidiare attivamente il dibattito pubblico e garantire coerenza tra obiettivi dichiarati, dati condivisi e visione comunicata.
Nei prossimi mesi, i team Public Affairs, Sustainability, Comunicazione e Legal saranno chiamati ad agire in modo coordinato per affrontare le novità introdotte dalla CSRD.
Dunque occorrerà:
Il potere epistemico non è più un concetto teorico: è una dimensione concreta della sostenibilità e della reputazione aziendale. Con la CSRD, le imprese sono chiamate non solo a rendere visibile il proprio impatto cognitivo e politico, ma a dimostrare come contribuiscono, con trasparenza e metodo, alla costruzione di un orizzonte condiviso.
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Senior Corporate Communication & Digital Lobbying Strategist presso Adl Consulting