Il ruolo delle giovani generazioni nella ripresa post-emergenziale

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L’appello lanciato del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella durante il suo intervento ai “Visionary Days.

Historia magistra vitae” scriveva Cicerone nel suo De Oratore nel lontano primo secolo avanti Cristo. La storia è maestra della vita. Si è detto che la crisi sanitaria e ormai socioeconomica che ha investito il nostro paese è la più grande situazione emergenziale mai fronteggiata dalla Seconda guerra mondiale. Ma se davvero la storia è maestra di vita, perché non guardare nuovamente a quel periodo per trovare la chiave di volta della ripartenza?

L’Italia è stata in grado di risollevarsi dal conflitto mondiale anche grazie al sacrificio e all’operato virtuoso di migliaia di ragazzi, i quali avendo compreso la responsabilità generazionale che gravava sulle loro spalle, non si sono fatti trovare impreparati.

Anche oggi, seppur in una dinamica diversa rispetto ad allora, le giovani generazioni hanno dimostrato – alla prova della pandemia – quanto la loro creatività, le loro idee e la capacità di rivolgere uno sguardo al futuro possano essere essenziali.

È indubbia quindi la necessità di coinvolgere i giovani che, consapevoli dell’importanza del loro ruolo nella ripresa post emergenziale, rappresentano una risorsa che non può più essere trascurata.

Vi è quindi la crescente necessità che la classe dirigente sappia rivolgere un orecchio attento e critico alle proposte di coloro a cui il domani appartiene.

In questo senso si colloca l’iniziativa dei “Visionary Days”, maratona digitale organizzata lo scorso 13 giugno dal Ministero per le Politiche giovanili e lo Sport. In questo contesto, 400 ragazzi tra i 14 ed i 35 anni provenienti da tutta Italia hanno avuto la possibilità di confrontarsi attorno a diverse tematiche, al fine di produrre proposte concrete per la ripartenza del paese da avanzare al Governo.

Durante questa maratona, è intervenuto il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il quale, complice il suo ruolo di garante della Costituzione, riveste un ruolo fondamentale: essere riferimento e tramite di un nuovo patto generazionale.

Il Presidente Mattarella ha sottolineato quanto le trasformazioni socioculturali che sono intervenute negli ultimi decenni abbiano affievolito i canali tradizionali di partecipazione dei cittadini alla vita pubblica, rendendo i giovani maggiormente diffidenti e disinteressati nei confronti di una classe politica ancora immatura e inabile a sfruttare al meglio i canali comunicativi e le potenzialità del web. La politica inoltre è troppo spesso incapace di stimolare un reale confronto circolare con le nuove generazioni, rendendo il paese estremamente fragile e disunito per quanto riguarda le priorità future. Come sarà possibile, difatti, individuare una strada per progettare il futuro in un mondo globalizzato senza coinvolgere coloro che lo rappresentano?

Il Presidente Mattarella ha inoltre rimarcato quanto l’apporto dei giovani – soprattutto in questo contesto di ripresa post-emergenziale – sia fondamentale, in quanto caratterizzato da creatività e da una nitida percezione delle necessità. È compito della politica raccogliere queste istanze e riportarle al centro del dibattito istituzionale.

Un cruciale passo in avanti in questo senso è rappresentato dalla proposta lanciata dalla Commissione Europea lo scorso maggio “Next Generation Eu” che guarda al futuro delle nuove generazioni dell’Unione. “ L’Italia è chiamata a partecipare a questo grande progetto, con decisioni volte a rimuovere quel che oggi ostacola la crescita sociale ed economica; e che produce ingiustizie e diseguaglianze” ha affermato il Capo dello Stato, il quale ha inoltre aggiunto quanto serva “ad una società disorienta e provata per scrivere una nuova pagina, l’animo della sensibilità giovanile, sgombro da pregiudizi, a differenza di altri.”

Il Presidente si è inoltre concentrato sulla delicata “condizione giovanile” definendola “sinonimo di futuro”, ed evidenziando l’assoluta necessità per la stessa di ricoprire un ruolo centrale all’interno dell’agenda programmatica dello Stato in quanto “mai come oggi è vero che il futuro è già qui, è già cominciato”.

Le parole del Capo dello Stato appaino ancor più incalzanti ed attuali se si considerano i numeri che testimoniano la drammaticità della condizione giovanile italiana.

Secondo uno studio della Fondazione Leone Moressa che ha elaborato i dati dell’Eurostat dello scorso aprile, l’Italia si classifica all’ultimo posto per tasso di occupazione giovanile. Stando a questi numeri, solamente il 56.3% dei ragazzi della fascia di età 25-29 anni ha un’occupazione, contro una media UE del 76% nella medesima fascia. All’interno di questa triste disamina delle prospettive lavorative dei giovani italiani risulta estremamente attuale quanto scrisse il giornalista Giuseppe Severgnini ormai dodici anni fa “L’Italia è una Repubblica fondata sullo stage”.

Inoltre, il nostro paese detiene un altro record amaro: l’Italia è al primo posto per numero di “neet” ovvero i giovani che non studiano e non lavorano, il 29,7% dei ragazzi italiani della fascia 25-29 rientrano all’interno di questa categoria, contro una media Ue del 16.6%.

Ciò che non dovrebbe stupire, alla luce di questi dati, è constatare il forte aumento di giovani che hanno deciso di abbandonare il nostro paese negli ultimi anni. Tra il 2009 ed il 2018, 235mila giovani italiani hanno deciso tristemente di cercare fortuna all’esterno, dove in certi paesi le prospettive lavorative risultano essere più floride.

Questi numeri drammatici dovrebbero accendere numerosi campanelli di allarme all’interno delle stanze del decisore pubblico, il quale troppo spesso – soprattutto negli ultimi anni – è apparso inadatto a costruire un sistema paese capace di creare le condizioni necessarie per valorizzare ed integrare i giovani.

Diverse sono le responsabilità che gravano sulle spalle di ogni generazione nelle diverse fasi storiche di un paese: è fondamentale non perdere – nonostante tutte le difficoltà degli ultimi anni – quegli esempi virtuosi giovanili che hanno consentito all’Italia di uscire dai due conflitti del secolo scorso e di ripartire.

È un dovere – ha sottolineato il Presidente, esortando l’attuale classe dirigente – far sì che il nostro, e soprattutto vostro, domani sia migliore in termini di occupazione, di qualità della vita e dell’ambiente, di crescita dei diritti e della conoscenza, di pace e di integrazione tra i popoli”.

La condizione per riuscirvi – ha infine osservato, invitando ad un nuovo patto generazionale – è che l’impegno sia corale, autentico, aperto. Che abbia davvero lo sguardo rivolto al futuro e non a effimeri interessi personali o di parte, o a rendite di posizione, o a stasi e rinunzie frutto di timore”.

Infine, il Capo dello Stato ha lanciato un appello che dovrà necessariamente essere raccolto da entrambe le generazioni “L’auspicio è che vi siano partecipazione, dialogo e ascolto. E che si pensi in grande.

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