Lobbying e democrazia: quanto conta la percezione dei cittadini?

In un’epoca in cui la fiducia nelle istituzioni è sempre più fragile e le attività di rappresentanza di interessi vengono spesso percepite con sospetto, una domanda cruciale per il mondo del public affairs è: la regolazione può cambiare la percezione pubblica del lobbying?

Secondo il recente studio di Alberto Bitonti, Giulia Mugellini, Claudia Mariotti e altri pubblicato su Interest Groups & Advocacy, la risposta è sì. E non si tratta di una semplice intuizione o di una posizione ideologica, ma di un’analisi empirica solida, costruita su un campione rappresentativo di 5.600 cittadini, tra Canada e Svizzera.

 Canada vs Svizzera: due modelli a confronto

Il team di ricerca ha scelto due Paesi molto diversi per cultura politica e assetti regolatori:

  • Il Canada, dotato di un sistema avanzato e trasparente di regolazione del lobbying.
  • La Svizzera, Paese con un alto livello di fiducia nelle istituzioni, ma con un quadro normativo debole e lacunoso in materia di lobbying.

I risultati parlano chiaro:

  • In Canada, il 39,2% dei cittadini considera il lobbying un’attività utile alla democrazia.
  • In Svizzera, solo il 12,1% condivide questa visione.

Una distanza significativa, soprattutto se si considera che i cittadini svizzeri hanno una fiducia nelle istituzioni politiche significativamente più alta rispetto a quelli canadesi. Questo dato spiazza e chiarisce che la fiducia istituzionale, da sola, non è sufficiente a migliorare la percezione del lobbying: serve una regolazione efficace.

Che cosa ci dice davvero questa ricerca?

Lo studio, disponibile in open access, dimostra come la regolazione non solo condizioni le dinamiche politiche e amministrative, ma agisca anche a livello percettivo, incidendo sulla legittimazione sociale del lobbying. I cittadini canadesi, ad esempio, ritengono in maggioranza che l’attività di lobbying sia “appropriatamente regolata”, mentre in Svizzera prevale l’idea opposta.

La vera innovazione dello studio sta proprio in questo: per la prima volta, viene misurata empiricamente la correlazione tra qualità della regolazione e percezione pubblica dell’attività di lobbying.

In un contesto in cui l’opinione pubblica è sempre più consapevole e interconnessa, la trasparenza non è un costo, ma un fattore abilitante della legittimità democratica.

Investire in regolazione, accountability e comunicazione è una scelta strategica. Non si tratta solo di rispettare le regole, ma di contribuire attivamente a definire standard etici, pratiche responsabili e nuove metriche di fiducia.

Cosa può fare il settore?

Per rafforzare la reputazione del lobbying e valorizzarlo come strumento di democrazia partecipativa, è necessario:

  • Sostenere quadri normativi chiari, aggiornati e applicabili.
  • Favorire processi di consultazione trasparenti, tracciabili e accessibili.
  • Promuovere la cultura della rappresentanza come servizio all’interesse pubblico.
  • Comunicare con efficacia e semplicità il proprio ruolo nella costruzione delle politiche pubbliche.

Conclusioni

Lo studio pubblicato su Interest Groups & Advocacy porta con sé una lezione chiara per decisori pubblici, professionisti del public affairs e stakeholder istituzionali: la regolazione non è un orpello tecnico, ma uno strumento di fiducia democratica.

Perché non basta fare bene il lobbying: bisogna anche saperlo spiegare, renderlo comprensibile e visibile, in un quadro chiaro di regole condivise. Solo così si può contribuire a una democrazia più trasparente, partecipata e matura. E solo così, chi rappresenta interessi può diventare davvero un attore responsabile della cosa pubblica.

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